A cura di Giovanni Adorno, storico del territorio
Hominibus et Communitati Planitiarum…qui nunc proh dolor incendium, ut informati existimus, passi sunt et feri omnium bonorum suorum consumptionem, pluresque eorum litteras, franchisias, documenta et informationes perdiderunt…libertates, privilegia, franchisias et immunitates confirmamus, emologamus et approbamus.
Con queste parole estrapolate da un periodo della cancelleria ducale, Amedeo IX di Savoia, da Chambery, il I marzo 1446 forniva a Pianezza il nucleo centrale del proprio archivio costituito dagli statuti e dai relativi atti di concessione. Amedeo IX, il Beato, è effigiato su una parete dell’antica pieve di S. Pietro nelle vesti di protettore, in armi davanti alle mura del borgo in fiamme.
Scarsi elementi di cultura materiale e pochi documenti di eterogenea provenienza rendono difficile documentare le origini di Pianezza. Un insediamento dell’epoca di colonizzazione romana si è sviluppato in aziende agricole sparse e in un nucleo di abitazioni riunite sul punto più elevato della sponda sinistra della Dora Riparia, dove ai primordi della diffusione del cristianesimo si costituì un centro missionario succursale della basilica di San Massimo a Collegno.
L’espansione del districtus vescovile dopo l’anno mille insediò in Pianezza un castello a controllo del ramo sinistro della “via Francigena”, e attorno a esso i possessi e le corti degli enti ecclesiastici.
Nel 1245 è attestata a Pianezza la costruzione di una Villa Nova prope Petra Mora su terreni ottenuti in enfiteusi dalle monache di Brione per estendere la capacità dell’abitato a ricevere i residenti dei nuclei sparsi nella campagna che cercavano rifugio in seguito alle scorrerie di savoiardi e monferrini. L’interesse dei conti savoiardi verso l’Italia fece sì che si usasse ogni mezzo politico, economico, parentale, militare per sgretolare il potere vescovile e per scendere verso la pianura e arrivare a Torino. Dopo uno scontro con i Marchesi del Monferrato, conclusasi senza guerra con una pattuizione tra assedianti e castellano, Pianezza nel 1290 fu “Castellania” sabauda per ottantun anni.
Tra il 1328 e il 1360 a Pianezza si costruì la bealera per irrigare i terreni aridi della regione Cassagna e aumentare la produttività agricola; la si fece correre in una galleria sotto ilcordone morenico su cui è edificato il paese.
I Savoia-Acaja operarono grandi trasformazioni istituzionali e territoriali infeudando i paesi esistenti e creando nuovi feudi per riscuotere ulteriori diritti.
L’infeudazione di Pianezza a un ramo dei Provana di Carignano non portò pace a Pianezza: i Provana forti del loro numero e delle loro ricchezze (novanta feudi tra Torino e le Alpi), creditori di grandi somme dagli Acaja, insofferenti alle nuove esazioni imposte si ribellarono nel 1365 organizzando il loro esercito privato nel castello di Pianezza. Gli aiuti promessi dai Visconti e dal marchese di Saluzzo non arrivarono mai e Filippo d’Acaja assediando Pianezza sedò la rivolta.
Nel 1466 un incendio distrusse molto materiale documentario e le vicende particolari di Pianezza sono attestabili dal Cinquecento. La serie degli atti della Credenza inizia nel 1549 all’epoca dei nuovi ordinamenti di Emanuele Filiberto “testa di ferro”. Egli stimò che il castello e il feudo fossero adeguati regali per la sua favorita Beatrice Langosco di Stroppiana che gli aveva generato tre figli: li acquistò e glieli donò con una finta vendita. Il feudo fu eretto a Marchesato. Tra i discendenti di Beatrice emerse Giacinto di Simiane, Marchese di Pianezza e primo Ministro della Madama Reale Maria Cristina. Quando scoppiò la “guerra dei cognati” la sua fama di “madamista” fece sì che il paese fosse saccheggiato e incendiato: si ebbe così in nuovo grande danno per l’archivio.
Tra il Seicento e il Settecento Pianezza godette di prosperità economica, l’ultimo scontro armato avvenuto su queste terre è del 1706 durante l’assedio di Torino, ma qui fu un episodio minore con la presa del castello e la partecipazione, divenuta leggenda ampollosamente esagerata, della popolana Maria Bricca. Insieme con i frutti delle requisizioni, alle “condotte forzate” e all’esazione di balzelli, Pianezza dovette trasferire a Torino anche le carte dell’archivio che furono poi riportate a Pianezza a guerra ultimata dallo stesso Giovanni Soffietto che le aveva trasportate la prima volta.
Le vicende di Pianezza durante il periodo napoleonico e successivamente non sono dissimili da quelle del resto del Piemonte. In questi territori nacquero alcune industrie tessili che sfruttarono le acque della Dora e contemporaneamente si formò una classe operaia non dissimile da quella torinese. Il fascismo toccò Pianezza come le altre aree piemontesi.
Infine, questa cittadina divenne parte della “cintura” di Torino.